ANTICHE VIE DI COLLEGAMENTO

La Provincia di Lucca e’ stata nei secoli passati attraversata per la sua posizione territoriale da numerose importanti vie di comunicazione. Elenchiamo di seguito le principali come la Via Francigena,la Via Bibulca, la Strada del Duca o della Duchessa, la Via Vandelli, la Via Lombarda o Ducale e la Via Clodia.

VIA FRANCIGENA

In epoca Medioevale questa importante via, conosciuta in Italia anche come via Romea, da Romei, i pellegrini che vi transitavano per andare a Roma, rappresentava per la cristianità di tutta Europa un percorso obbligato per recarsi ai luoghi santi di pellegrinaggio e precisamente Roma sede del Papato,Santiago di Compostela dove erano conservate le reliquie di S. Giacomo Apostolo e Gerusalemme la Terra Santa. Voluta dall’arcivescovo di Canterbury Sigerico, comprendeva nel suo lungo percorso fino a Roma, 80 tappe. Iniziava a Canterbury in Inghilterra per poi attraversare la Francia ed entrare in Italia dalla Valle D’Aosta attraversando le Alpi. Ebbe durante il periodo delle Crociate (XI sec), un notevole sviluppo a cui seguì un periodo di decadenza nel XIV sec. e precisamente dal 1309 al 1377, quando il Papa da Roma si trasferì ad Avignone, in Francia. Il passaggio di migliaia di pellegrini portò anche un notevole sviluppo aumentando gli scambi commerciali e i contatti culturali tra i vari paesi. Sorsero così lungo il percorso importanti borghi, castelli, fortificazioni, monasteri, ma soprattutto Hospitali, destinati al ricovero dei viandanti per offrire loro assistenza e un tetto sicuro dove riposarsi. La provincia di Lucca venne attraversata da questa importante via, proveniente da Massa passava da Porta Beltrame per poi attraversare le frazioni di Ripa di Seravezza, Vallecchia, Pietrasanta, Valdicastello Carducci dove incrociava un’altra importante via che salendo verso l’Alta Versilia passando da Stazzema arrivava alla Foce di Petrosciana e da qui scendeva alla Chiesaccia sede di un Hospitale e quindi raggiungeva Fornovolasco, collegando così la Versilia alla Garfagnana e successivamente a Modena. Riprendendo il percorso in pianura si arrivava in breve fino a Camaiore per poi salire sulle pendici del monte Magno dove c’era l’Hospitale di S. Michele e scendere nella Valle Freddana. A Valpromaro era posto l’Hospitale di S. Martino e da qui sono possibili due tracciati quasi sicuramente utilizzati in epoche diverse. Il primo arrivava fino a San Macario in Piano, con l’Hospitale San Jacopo delle Beltraie e da qui a Ponte San Pietro, anche se un’alternativa era salire fino a Pieve a Elici per scendere in direzione di Massarosa e del lago di Massaciuccoli, proseguendo verso Nozzano Castello e arrivare a Ponte San Pietro. Qui prima della costruzione del ponte, i pellegrini potevano oltrepassare il fiume Serchio utilizzando una barca che li portava nell’odierna frazione di Nave. Il secondo itinerario da Valpromaro proseguiva lungo la Valle Freddana salendo poi sulle colline fino a San Martino in Vignale, quindi scendere a Sant’Alessio e infine Lucca dove i viandanti potevano far visita a numerose reliquie di Santi, ma soprattutto al Volto Santo, venerato dai Lucchesi. Proseguiva quindi verso Lunata con l’Hospitale di San Matteo e Pellegrino,Lammari come testimonia la chiesetta di San Cristoforo, arrivava a Porcari, passando da Rughi dove c’era l’Hospitale di S. Maria, transitava poi da Altopascio nelle cui vicinanze a Badia Pozzeveri era posto l’Hospitale di San Pietro. Da Lucca esisteva anche un altro percorso più a sud che transitava da Antraccoli poi a Tempagnano fino a Capannori e rientrare a Porcari. La via usciva quindi dalla provincia Lucchese proseguendo in direzione di Fucecchio, San Miniato e Siena raggiungendo poi Roma.

VIA BIBULCA

Importante via che nell’anno Mille, ma forse già esistente in Epoca Longobarda due secoli prima, collegava la provincia di Modena con la Garfagnana transitando dal Passo delle Radici, da San Pellegrino in Alpe dove era posto un Ospizio per il ricovero dei viandanti e da qui scendeva a Chiozza. Era una via molto ampia che permetteva anche il transito di carri trainati da due buoi affiancati da cui ne deriva il nome. Per l’epoca era una vera superstrada e nonostante ci fosse da pagare una gabella per potervi transitare mantenne una certa importanza per diversi secoli fino al 1700.

STRADA DEL DUCA o DELLA DUCHESSA

Questa via fu voluta nel 1819 dal Duca di Modena Francesco IV e Maria Luisa di Borbone che decisero in accordo di collegare la Repubblica di Lucca con Modena, evitando così di dover transitare sul territorio del Granducato di Toscana. La strada partendo da Faiedello arrivava fino a Tereglio in Val Fegana, ma gli alti costi di mantenimento e percorsi in alternativa migliori la portarono presto in decadenza e quindi inutilizzata.

VIA VANDELLI

Questa ardita strada per quel tempo venne realizzata per poter collegare la città di Modena con Massa, in seguito al promesso matrimonio tra Ercole Rinaldo D’Este e la figlia del Duca di Massa Maria Teresa, Attraversando l’Appennino Tosco Emiliano transitava da San Pellegrino in Alpe, scendendo poi a Chiozza e deviando poco sopra Castelnuovo Garfagnana, saliva verso Fabbriche di Careggine e successivamente attraversava la Valle di Arnetola sopra il lago di Vagli transitando sulle Alpi Apuane dal Passo della Tambura a mt. 1670. Il progetto affidato all’Abate Domenico Vandelli  all’inizio del 1738 venne ultimato nel 1751. Questo percorso serviva per evitare di passare dai territori del Granducato di Toscana e del Ducato di Lucca. Una volta ultimata, la ripidità del terreno unita a numerosi e stretti tornanti oltre all’altitudine che portava abbondanti cadute di neve la resero per lunghi mesi impraticabile e quindi non adatta a divenire un’arteria vitale tra le due città. Per questo un secolo dopo fu quasi inutilizzata. Sono ancora visibili oggi nelle zone attraversate vari edifici rurali in pietra che servivano da ricovero e ristoro per chi vi transitava. La parte oggi meglio conservata e forse anche la più spettacolare è visibile sulle Apuane sopra il borgo di Resceto in provincia di Massa dove la strada con una serie di ripidissimi tornanti sostenuti da muri in pietra a secco supera un dislivello di 1000 metri in soli 6 chilometri.

VIA LOMBARDA e VIA DUCALE

Questa antica via collegava la Versilia con la Garfagnana e da qui immettendosi sulla Via Ducale arrivava fino in Emilia Romagna. Punto di partenza il borgo di Casoli, sopra Camaiore dove la via arrivava salendo da Lombrici, passando da Candalla zona amena sulle sponde del torrente Lombrici per poi costeggiare le propaggini del monte Penna. Era una via prettamente commerciale utilizzata per lo scambio di merci e di materie prime come il ferro che veniva poi lavorato sulla zona. Si trattava di un percorso non facile e pieno di insidie, con ripide e strette mulattiere. Esistevano alcune vie alternative, la prima che scendeva da Stazzema, saliva sulle Apuane per poi scendere a Fornovolasco era conosciuta come via Ducale e su di essa confluivano altri sentieri provenienti da Camaiore. Giunti a Fornovolasco il percorso proseguiva verso Eglio, Sassi e Castelnuovo Garfagnana punto strategico per andare in Emilia Romagna transitando sia dal Passo di Pradarena verso Reggio Emilia oppure da San Pellegrino in Alpe verso Modena.La via Lombarda da Casoli proseguiva verso la Foce del Pallone e da qui conduceva sul Matanna raggiungendo la Foce delle Porchette per inserirsi successivamente sulla Via Ducale e proseguire verso Fornovolasco e quindi proseguire nella Garfagnana.

VIA CLODIA

La Via Clodia Nova o Clodia Secunda era una strada di origine Romana, successivamente potenziata durante il periodo Longobardo, che collegava Lucca con Luni, risalendo il corso del fiume Serchio ed attraversando la Garfagnana. Questa direttrice, lungo il suo tracciato, incontrava altre diramazioni, provenienti dai paesi Apuanici ed Appenninici, che permettevano collegamenti alternativi,con il tratto versiliese della Francigena e con varie zone dell’Emilia. La Clodia, percorrendo la riva destra del Serchio, entrava nel territorio dell’attuale comune di Borgo a Mozzano attraversando il Rivangaio per poi dirigersi su Domazzano e Valdottavo. Nella Valle della Celetra, l’antica via di comunicazione si incrociava con alcuni sentieri provenienti dalla Val Freddana per il Valico di San Graziano e Tempagnano e della Valle della Pedogna per Fondagno o Partigliano. Il tracciato della Clodia, oltrepassato Valdottavo, si dirigeva su San Martino in Greppo, sede Ospitaliera e della dogana della Jura Vescovile e toccava poi Diecimo (località posta a dieci miglia romane da Lucca), un importante nodo viario su cui gravitava la strada che, risalendo la Val Pedogna e valicando il Passo del Lucese, si congiungeva al percorso principale della via Francigena nel tratto Camaiore – Lucca. Inoltre, diretti in Alta Versilia, o attraverso le Foci di Gello o di Colognora penetravano nella Valle della Turrite Cava per proseguire, poi, verso i passi Apuanici. Dopo Diecimo, la Clodia toccava Borgo a Mozzano e da qui saliva alla Pieve di Cerreto per continuare, in alta quota, verso la Rocca, ridiscendere su Gioviano e dirigersi infine verso Bolognana. In questo suo ultimo tratto nel territorio comunale di Borgo a Mozzano, l’antica strada presentava altre interessanti varianti, specialmente per i viandanti diretti dalla Garfagnana verso Lucca, ma intenzionati ad evitare il passaggio nel territorio della Jura Vescovile di DiecimoGabella“. Dalla zona di Cerreto, infatti, una mulattiera scendeva al Ponte di Chifenti, oggi del Diavolo, e attraversantolo si portava sulla riva sinistra del Serchio per risalire poi a Corsagna. Su questo paese gravitavano alcuni sentieri provenienti dalla valle della Lima, ma soprattutto una serie di itinerari minori che portavano verso la Piana di Lucca.Un primo percorso saliva sulle Pizzorne e ridiscendeva, dalla zona di Matraia su Marlia; un secondo portava verso la Brancoleria e, attraverso l’Altopiano del Tubbiano, offriva la possibilità di ricongiungersi al primo, di dirigersi a Ponte a Moriano e quindi sulla Clodia; un terzo puntava su Anchiano per risalire nella zona di Brancoli. La via Clodia doveva anche collegarsi, con una diramazione passante per Gioviano o Terzone, con il ponte di Calavorno punto di confluenza del sentiero che, risalendo la Val Fegana, portava alla Foce a Giovo ed in Emilia, e della strada proveniente dal barghigiano, sulla quale si raccordavano le mulattiere che scendevano dai vicini valichi dell’Appennino.